14.08.08 - Il 14 agosto 1988 moriva Enzo Ferrari. Sembra ieri, eppure sono già trascorsi 20 anni da quel giorno di lutto per l'Italia intera e non solo. Ripercorrere per filo e per segno in poche righe la vita, i sogni, la carriera del Drake è impossibile. Vogliamo partire da lì, da quella incredibile sceneggiatura scritta da chissà chi l'11 settembre 1988. Monza, Gran Premio d'Italia di Formula 1...
Le inarrivabili, imbattibili McLaren-Honda Turbo di Senna e Prost, come solito, monopolizzano la prima fila dello schieramento. Alle loro spalle, le Ferrari di Berger ed Alboreto, quindi le incredibili Arrows-Megatron di Cheever e Warwick. Prost, al 34° giro, si ritira per la rottura del motore della sua "Mc": Senna è primo, indisturbato, avviato verso una vittoria certa. Ma al 49° dei 51 passaggi, l'imponderabile. Un'incomprensione tra il brasiliano e Jean-Louis Schlesser della Williams, doppiato, scatena la gioia ferrarista. Senna e Schlesser si urtano, la McLaren di Senna si alza da terra, poi compie un testacoda, si blocca nella via di fuga, infine Ayrton sbraccia al fine di attirare l'attenzione dei commissari. Ma nulla, gara finita. Berger si ritrova in testa, seguito da Michele. Ma dai box, ecco puntuali gli ordini di scuderia verso il pilota milanese: "attento, consumi troppa benzina!". Alboreto obbedisce ed alza il piede, ma Berger corre ancora come un dannato. Morale della favola: il box aveva deciso che a vincere sarebbe stato Berger. Alboreto, infatti, è stato già giubilato in vista del 1989! Michele non ci sta. Stacca la radio e inizia di nuovo a dare gas. Oggi non lo farebbe nessuno. Ha quasi ripreso l'austriaco quando cala la bandiera a scacchi: solo mezzo secondo separa Alboreto dalla vittoria in casa, davanti ai suoi concittadini e conterranei. Monza esplode in un tripudio di bandiere col Cavallino. Ed è ancora Berger a scrivere la storia, colui il quale aveva regalato le ultime due vittorie cui Enzo ebbe modo di assistere, nel 1987. Monza '88 è la prima vittoria Ferrari senza suo padre, Enzo. Anche coloro i quali non hanno mai sventolato quella bandiera, beh, non possono fare a meno di ricordare con commozione quella incredibile, indescrivibile giornata come "la giornata", come "la vittoria" Ferrari per eccellenza. Già: la vittoria più bella e commovente in 61 anni di vita del Cavallino.
Su Enzo Ferrari è stato scritto e detto moltissimo. Del resto, la vita del Commendatore è un film, un romanzo, una bellissima storia italiana. Visitando Maranello ci si rende davvero conto di quanto quest'uomo abbia cambiato la vita e la storia di quello che era un microscopico quanto insignificante e sconosciuto paesino del modenese. Enzo Ferrari è, ancora oggi, un personaggio di difficile decifrazione. Solo chi ha avuto modo di conoscerlo a fondo in prima persona è in grado di apprezzarne i mille pregi e gli altrettanti difetti. Solo chi ha avuto l'onore di stringergli la mano può descrivere a pieno i suoi modi burberi, irosi, meticolosi, abitudinari, il suo esser stato poliedrico, testardo, una testa calda, antico, fuori dai ranghi, un padrone nato, genio e sregolatezza nel lavoro, "stravagante" nel privato. Un personaggio famoso per le liti furibonde in fabbrica con tecnici, progettisti e piloti, per le nottate spese tra disegni tecnici di motori ed auto, per la maretta con Ken Tyrrell e con i giornalisti italiani dopo gravi incidenti e lutti, per aver respinto al mittente le accuse di produrre pericolose auto da corsa, per l'amore-odio con Chapman, per la clamorosa diaspora del proprio staff tecnico, stufo della continua intromissione della moglie di Enzo stesso negli affari aziendali. Meno noto per l'abbraccio a Ricardo Rodriguez (il solo pilota, assieme a Villeneuve, che abbia ricevuto dal Drake un affetto sconsiderato) e per il caso di spionaggio cui egli si rese protagonista, grazie ad un troppo compiacente Mimmo Dei, storico patron della Scuderia Centro-Sud. Scopo della missione? Riuscire a reperire le nuovissime Cooper a motore posteriore, appena acquistate da Dei per la propria Scuderia, trasportarle a Maranello e radiografarle. L'operazione andò a buon fine, nonostante un giornalista inglese (che, evidentemente, sapeva fare il suo mestiere) si accorse della faccenda in corso e spifferò tutto a chi di dovere. Mimmo Dei se la vide brutta, ma seppe recitare bene la parte, negando tassativamente il "prestito" delle proprie auto alla Ferrari. Gli inglesi, tanto la Cooper quanto lo sponsor BP, lasciarono correre. Enzo ebbe, così, modo di vedere da vicino "in anteprima" le rivoluzionarie Cooper; da allora, tra Enzo e Dei fu tutto un "do ut des", un continuo scambio di favori e favoretti. Oggi ad un simile episodio verrebbe schiaffata l'etichetta anglofila di "spy-story", quindi sbattuto in prima pagina. Il finimondo. Già, lo spionaggio: storia vecchia.
Enzo Ferrari ha cambiato la storia italiana, il costume italiano, trasformato le domeniche italiane, impreziosito il panorama automobilistico mondiale creando un mito senza precedenti. Ha avuto il merito di aver fondato un Marchio che trasuda vittorie, prestigio. Una storia affascinante, quella della Ferrari: l'origine del Cavallino, i tempi della Scuderia Alfa-Romeo, l'interregno dell'Auto Avio, quindi la fondazione definitiva della Ferrari. Le prime gare, i primi successi, quindi cascate di purpurea, statuaria, immortale gloria: in Formula 1, nelle Sport-Prototipi. Vittorie alternate a brucianti sconfitte e batoste, come a Indy o ai tempi della Can-am, delle lotte con la Ford e con le inarrivabili Porsche 917 nel Mondiale Marche. Ma anche in F1, Ferrari è sinonimo di sconfitta. Inevitabile e fisiologico: in oltre 60 anni storia, non si può sempre vincere! Chi è stato davvero Enzo Ferrari, allora? Che azzardo, tirare le somme! Senz'altro un eccelso, fine, lungimirante imprenditore, un discreto pilota, un eccellente scrittore nonché abile, tagliente pensatore, un amante delle corse e che alle corse e per le corse ha dedicato anima e corpo, un costruttore di bellissime quanto inaffidabili automobili di serie (oggi, fortunatamente, solo bellissime!), il cui fine era "liberarsene" il più in fretta possibile per finanziare solo e soltanto il reparto corse, un accanito sostenitore del motore anteriore ("non ho mai visto un carro trainare un cavallo..."), dei freni a tamburo, dei cerchi a raggi e del telaio in tubi, un innovatore col contagocce, uno che raramente lo si vedeva in circuito e mai si muoveva dal proprio studio di Maranello (erano gli altri a dover andare da lui...), un uomo che non ha mai avuto timori reverenziali nello schierarsi contro le autorità sportive se qualcosa non gli andava a genio, un patron che, inevitabilmente, incappò in scelte azzardate, come abbandonare definitivamente i Prototipi. Enzo è stato un uomo capace di cambiare la storia dell'Italia automobilistica, riuscendo nella inconsapevole ed incolpevole impresa di far coincidere, in Italia, l'automobilismo sportivo solo ed esclusivamente con la Ferrari stessa. Punti di vista a parte, che mondo sarebbe senza Ferrari? Che F1 sarebbe senza Ferrari? E chi di noi non si sente attratto dal fascino del Cavallino e dalla figura imperiosa di quel signore vestito di scuro che sempre indossava grossi occhiali neri?
La scomparsa di Enzo Ferrari, infine, ha significato e sancito un vuoto di personalità, carattere ed orgoglio nel mondo della F1. Oggi, sono rimasti in pochi (Williams fra tutti) a possedere quel fascino ipnotico alla "Enzo", nel plastificato ambiente della F1 dei servizi meteo da strapazzo, dei motori congelati, dei paddock blindati, dei regolamenti da fatiscente Ministero, del perfezionismo fine a sé stesso, dei Manager che di auto e di corse ne capiscono ben poco. Il Commendatore, in questo reality-show, non avrebbe resistito un solo secondo. Avrebbe litigato con tutti, non avrebbe nemmeno tollerato la presenza di taluni individui che oggi brulicano al muretto della Rossa ben vestiti e profumati. Sarebbe scappato via, adirato, sbattendo la porta, in barba ai suoi stessi sostenitori e tifosi.
Ed è per questo che ci manca così tanto, Egregio Commendatore.
Le inarrivabili, imbattibili McLaren-Honda Turbo di Senna e Prost, come solito, monopolizzano la prima fila dello schieramento. Alle loro spalle, le Ferrari di Berger ed Alboreto, quindi le incredibili Arrows-Megatron di Cheever e Warwick. Prost, al 34° giro, si ritira per la rottura del motore della sua "Mc": Senna è primo, indisturbato, avviato verso una vittoria certa. Ma al 49° dei 51 passaggi, l'imponderabile. Un'incomprensione tra il brasiliano e Jean-Louis Schlesser della Williams, doppiato, scatena la gioia ferrarista. Senna e Schlesser si urtano, la McLaren di Senna si alza da terra, poi compie un testacoda, si blocca nella via di fuga, infine Ayrton sbraccia al fine di attirare l'attenzione dei commissari. Ma nulla, gara finita. Berger si ritrova in testa, seguito da Michele. Ma dai box, ecco puntuali gli ordini di scuderia verso il pilota milanese: "attento, consumi troppa benzina!". Alboreto obbedisce ed alza il piede, ma Berger corre ancora come un dannato. Morale della favola: il box aveva deciso che a vincere sarebbe stato Berger. Alboreto, infatti, è stato già giubilato in vista del 1989! Michele non ci sta. Stacca la radio e inizia di nuovo a dare gas. Oggi non lo farebbe nessuno. Ha quasi ripreso l'austriaco quando cala la bandiera a scacchi: solo mezzo secondo separa Alboreto dalla vittoria in casa, davanti ai suoi concittadini e conterranei. Monza esplode in un tripudio di bandiere col Cavallino. Ed è ancora Berger a scrivere la storia, colui il quale aveva regalato le ultime due vittorie cui Enzo ebbe modo di assistere, nel 1987. Monza '88 è la prima vittoria Ferrari senza suo padre, Enzo. Anche coloro i quali non hanno mai sventolato quella bandiera, beh, non possono fare a meno di ricordare con commozione quella incredibile, indescrivibile giornata come "la giornata", come "la vittoria" Ferrari per eccellenza. Già: la vittoria più bella e commovente in 61 anni di vita del Cavallino.
Su Enzo Ferrari è stato scritto e detto moltissimo. Del resto, la vita del Commendatore è un film, un romanzo, una bellissima storia italiana. Visitando Maranello ci si rende davvero conto di quanto quest'uomo abbia cambiato la vita e la storia di quello che era un microscopico quanto insignificante e sconosciuto paesino del modenese. Enzo Ferrari è, ancora oggi, un personaggio di difficile decifrazione. Solo chi ha avuto modo di conoscerlo a fondo in prima persona è in grado di apprezzarne i mille pregi e gli altrettanti difetti. Solo chi ha avuto l'onore di stringergli la mano può descrivere a pieno i suoi modi burberi, irosi, meticolosi, abitudinari, il suo esser stato poliedrico, testardo, una testa calda, antico, fuori dai ranghi, un padrone nato, genio e sregolatezza nel lavoro, "stravagante" nel privato. Un personaggio famoso per le liti furibonde in fabbrica con tecnici, progettisti e piloti, per le nottate spese tra disegni tecnici di motori ed auto, per la maretta con Ken Tyrrell e con i giornalisti italiani dopo gravi incidenti e lutti, per aver respinto al mittente le accuse di produrre pericolose auto da corsa, per l'amore-odio con Chapman, per la clamorosa diaspora del proprio staff tecnico, stufo della continua intromissione della moglie di Enzo stesso negli affari aziendali. Meno noto per l'abbraccio a Ricardo Rodriguez (il solo pilota, assieme a Villeneuve, che abbia ricevuto dal Drake un affetto sconsiderato) e per il caso di spionaggio cui egli si rese protagonista, grazie ad un troppo compiacente Mimmo Dei, storico patron della Scuderia Centro-Sud. Scopo della missione? Riuscire a reperire le nuovissime Cooper a motore posteriore, appena acquistate da Dei per la propria Scuderia, trasportarle a Maranello e radiografarle. L'operazione andò a buon fine, nonostante un giornalista inglese (che, evidentemente, sapeva fare il suo mestiere) si accorse della faccenda in corso e spifferò tutto a chi di dovere. Mimmo Dei se la vide brutta, ma seppe recitare bene la parte, negando tassativamente il "prestito" delle proprie auto alla Ferrari. Gli inglesi, tanto la Cooper quanto lo sponsor BP, lasciarono correre. Enzo ebbe, così, modo di vedere da vicino "in anteprima" le rivoluzionarie Cooper; da allora, tra Enzo e Dei fu tutto un "do ut des", un continuo scambio di favori e favoretti. Oggi ad un simile episodio verrebbe schiaffata l'etichetta anglofila di "spy-story", quindi sbattuto in prima pagina. Il finimondo. Già, lo spionaggio: storia vecchia.
Enzo Ferrari ha cambiato la storia italiana, il costume italiano, trasformato le domeniche italiane, impreziosito il panorama automobilistico mondiale creando un mito senza precedenti. Ha avuto il merito di aver fondato un Marchio che trasuda vittorie, prestigio. Una storia affascinante, quella della Ferrari: l'origine del Cavallino, i tempi della Scuderia Alfa-Romeo, l'interregno dell'Auto Avio, quindi la fondazione definitiva della Ferrari. Le prime gare, i primi successi, quindi cascate di purpurea, statuaria, immortale gloria: in Formula 1, nelle Sport-Prototipi. Vittorie alternate a brucianti sconfitte e batoste, come a Indy o ai tempi della Can-am, delle lotte con la Ford e con le inarrivabili Porsche 917 nel Mondiale Marche. Ma anche in F1, Ferrari è sinonimo di sconfitta. Inevitabile e fisiologico: in oltre 60 anni storia, non si può sempre vincere! Chi è stato davvero Enzo Ferrari, allora? Che azzardo, tirare le somme! Senz'altro un eccelso, fine, lungimirante imprenditore, un discreto pilota, un eccellente scrittore nonché abile, tagliente pensatore, un amante delle corse e che alle corse e per le corse ha dedicato anima e corpo, un costruttore di bellissime quanto inaffidabili automobili di serie (oggi, fortunatamente, solo bellissime!), il cui fine era "liberarsene" il più in fretta possibile per finanziare solo e soltanto il reparto corse, un accanito sostenitore del motore anteriore ("non ho mai visto un carro trainare un cavallo..."), dei freni a tamburo, dei cerchi a raggi e del telaio in tubi, un innovatore col contagocce, uno che raramente lo si vedeva in circuito e mai si muoveva dal proprio studio di Maranello (erano gli altri a dover andare da lui...), un uomo che non ha mai avuto timori reverenziali nello schierarsi contro le autorità sportive se qualcosa non gli andava a genio, un patron che, inevitabilmente, incappò in scelte azzardate, come abbandonare definitivamente i Prototipi. Enzo è stato un uomo capace di cambiare la storia dell'Italia automobilistica, riuscendo nella inconsapevole ed incolpevole impresa di far coincidere, in Italia, l'automobilismo sportivo solo ed esclusivamente con la Ferrari stessa. Punti di vista a parte, che mondo sarebbe senza Ferrari? Che F1 sarebbe senza Ferrari? E chi di noi non si sente attratto dal fascino del Cavallino e dalla figura imperiosa di quel signore vestito di scuro che sempre indossava grossi occhiali neri?
La scomparsa di Enzo Ferrari, infine, ha significato e sancito un vuoto di personalità, carattere ed orgoglio nel mondo della F1. Oggi, sono rimasti in pochi (Williams fra tutti) a possedere quel fascino ipnotico alla "Enzo", nel plastificato ambiente della F1 dei servizi meteo da strapazzo, dei motori congelati, dei paddock blindati, dei regolamenti da fatiscente Ministero, del perfezionismo fine a sé stesso, dei Manager che di auto e di corse ne capiscono ben poco. Il Commendatore, in questo reality-show, non avrebbe resistito un solo secondo. Avrebbe litigato con tutti, non avrebbe nemmeno tollerato la presenza di taluni individui che oggi brulicano al muretto della Rossa ben vestiti e profumati. Sarebbe scappato via, adirato, sbattendo la porta, in barba ai suoi stessi sostenitori e tifosi.
Ed è per questo che ci manca così tanto, Egregio Commendatore.
1 commento:
Un uomo che ha veramente cambiato il volto dell'Italia. Era e rimarrà un grande.
Reyjam.
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