Mappa del circuito
Info su GP del Bahrain
Lunghezza | 5.412 km |
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Giri | 57 (308.238 Km) |
Podio anno scorso | 1. F. Massa 2. K. Raikkonen 3. R. Kubica |
Giro record | M. Schumacher - 1'30''252 (2004, Ferrari) |
Pole record | M. Schumacher - 1'30''139 (2004, Ferrari) |
Pole anno scorso | R. Kubica - 1'33''096 (BMW Sauber) |
09:00 am | Prove Libere 1 |
01:00 pm | Prove Libere 2 |
10:00 am | Prove Libere 3 |
01:00 pm | Qualifiche |
02:00 pm | Gara (57 giri) |
5 commenti:
la classica cattedrale nel deserto....
una pista inutile e noiosa,odiata dai piloti e dagli spettatori...
grazie ai soldi degli sceicchi obbligano moto e macchine a correre qui,la sabbia è un problema gigantesco,per poter correre le moto senza pericolo di scivolare,devono passare con dei camion/aspirapolvere,per ore e ore...ritorniamo a correre in europa su vere piste e smettiamola di di essere servili agli arabi solo perchè hanno tanti soldi
oooooooo speriamo che non piove anche qui!!!
x Dumacher: hai sentito che vuole tornare in F1 la Lola e per il 2010 anche l'Aston Martin???
Invece di Jean Todt si vocifera che vuole aprire un team con il figlio...io dico magari!! Come negli anni 80.
ma si
forse ci voleva una crisi di queste dimensioni per dare la circus un aspetto piu dignitoso....qualcuno dirà che non è contento dei risultati..ma...
RAGAZZI LEGGETE QUESTA INTERVISTA A GIOVANNA AMATI!!!
Ma come, Giovanna Amati che arriva in scooter! Ci si aspettava di vederla in auto...
«Chi mi conosce bene lo sa: sono più brava a guidare le moto che le macchine. Da sempre. Poi, qui a Roma, è un problema di traffico. Di parcheggi. E di multe».
Ne prende molte?
«Ne ho una vasta collezione».
Punti sulla patente?
«Questa domanda la saltiamo?».
A patto che ci racconti la multa più curiosa.
«Inghilterra, anni Novanta. Briatore mi presta una macchina per andare su un circuito fuori Londra e fa mille raccomandazioni. All’andata sto attenta. Al ritorno, dopo una giornata in pista a 300 all’ora, ho il piede un po’ pesante e sono stanca, non vedo l’ora di arrivare a casa e in autostrada faccio correre la Ford speciale di Flavio».
Velocità raggiunta?
«Limite di 70 miglia, supero le 110 finché sento delle sirene e mi fermo. Risultato: macchina sequestrata, patente tolta e guardiola».
Urca.
«Come nei film, posso fare una sola telefonata. Chiamo Briatore. E lui, arrabbiatissimo: “Ti avevo avvisata, adesso arrangiati!”».
Giovanna, torniamo al presente. E complimenti: è in gran forma.
«Faccio molto sport, non sto mai ferma. Sci nautico, palestra e da poco anche la prepugilistica».
E che lavoro fa?
«Mi occupo di energia alternativa. Ho un contratto con una multinazionale americana di un amico per promuovere energia eolica e solare in Italia».
La gente la riconosce?
«Se riesco evito. Sono molto schiva, lo sono sempre stata. Il più grande supplizio ai tempi della F.1 era la gestione dei media. I tifosi veri mi davano gioia, ma le attenzioni stupide della stampa mi infastidivano. Come quella volta che una giapponese mi ha chiesto che taglia di reggiseno portavo...».
Giovanna, la F.1 la segue ancora?
«Non mi perdo un Gp e l’ultimo, quello d’Australia, è stato bello, bellissimo. Sono felice che la Brawn si sia risollevata dopo tanti problemi. Le mie perplessità, però, sono a monte».
Cioè?
«Ecclestone è un genio, ma perché gli altri non vanno mai d’accordo? Sembra di essere a una riunione condominiale. Se sono confusi, almeno non lo rendano pubblico. Ho l’impressione che Max Mosley ragioni in uno stato di alterazione mentale».
La cosa che, tra le tante nuove proposte, l’ha più fatta sorridere?
«La storia delle medaglie d’oro. Mica siamo alle Olimpiadi!».
Modifiche e polemiche. La Brawn ha interpretato bene il regolamento? Ha ragione?
«È stata intelligente. Le verifiche tecniche sono state ok: non capisco il senso dei reclami».
La Ferrari ha fatto flop anche nelle prove di ieri per il Gp di Malesia.
«Raikkonen ha vinto il titolo due anni fa grazie agli sviluppi di Schumacher. I due piloti della Rossa sono bravi, ma non hanno la stessa dedizione di Schumi, che stava fino a tarda notte con Todt e gli ingegneri a mettere a punto la macchina».
Già, si sente la mancanza di Todt?
«Aveva una scaltrezza che Domenicali non ha».
Amati, ma la F.1 le manca?
«Noooo, sto bene senza».
Non corre proprio più?
«Qualche gara con i kart ogni tanto. Anche se adesso, forse...».
Che fa, rientra?
«Sto trattando, cerco sponsor. C’è una squadra che mi vuole, potrei correre nella Superstars».
Clamoroso, Giovanna Amati che torna in gara in un campionato vero. In attesa di mettere la prima, mettiamo la retro e facciamo un salto all’indietro.
«Nasco a Roma il 20 luglio 1962. Da bambina mi appassiono subito alla velocità e il primo idolo è Fittipaldi. Vedo un suo poster in un negozio, auto nera riflessa sull’asfalto bagnato. Me lo faccio comprare da mamma e lo appendo in camera».
Nella sua infanzia c’è anche un capitolo drammatico. Il rapimento. Le va di parlarne?
«Non mi piace ricordarlo. Riaprendo ferite del passato, si sta male anche nel presente. Di quella vicenda c’è solo un aspetto positivo, importante: ho imparato a star bene con me stessa, stare in solitudine non mi mette ansia».
Un’ultima curiosità e cambiamo argomento: quanti anni aveva e per quanto è stata sequestrata?
«Avevo 16 anni ed è stata dura affrontare quei tre mesi».
Giovanna, parliamo di motori. La prima motocicletta?
«A 15 anni compro, di nascosto, una Honda».
Con che soldi?
«La paghetta settimanale è 10 mila lire. Allora mi iscrivo a tutti i corsi e alle ripetizioni possibili: tennis, chitarra, spagnolo, matematica, bricolage. Faccio la prima lezione, poi salto le successive e mi tengo i soldi, così riesco ad acquistare la moto usata e la intesto al marito di mia sorella. Che fa da complice e la tiene nel suo garage».
Geniale. Quando la beccano?
«Per quasi due anni va tutto liscio . Un giorno, però, sono costretta a fermarmi davanti a una paletta, non ho né età né patente e chiamano casa. Papà cade dalle nuvole: “Vi sbagliate, mia figlia non ha nessuna moto”. Poi capisce e quando arrivo a casa sono guai. Punizione pesantissima e paghetta sospesa».
Scusi, perché ride?
«Per andare comunque in giro imparo a succhiare la benzina alle macchine parcheggiate in garage. E li frego tutti».
Quando il passaggio alle auto?
«Tra i miei amici d’infanzia c’è Elio De Angelis, che corre in F.3. Gli faccio una testa così e alla fine mi dice: “Ti devi togliere lo sfizio, altrimenti vivrai di rimpianti. Chiamo Henry Morrog e ti porto alla sua scuola”. Il problema è che iscriversi costa un milione».
Aiuto.
«Cinquecento mila le recupero dalla madrina del battesimo come regalo di Natale, gli altri soldi sempre con il trucchetto delle lezioni saltate. E così mi iscrivo, partecipo al corso e vinco la gara finale».
Prime competizioni e successi.
«Ma sempre di nascosto. Un giorno, però, papà - che era un produttore cinematografico - mi fa chiamare e capisco che sono guai. Arrivo in ufficio e sventola un ritaglio di giornale arrivato con l’Eco della stampa”, il servizio che segnala tutte le volte in cui scrivono di te. “Qui su Autosprint leggo che una certa G. Amati ha vinto una gara di auto. Ne sai niente?”. Nego. Apre un cassetto, prende un altro ritaglio. “Qui invece si parla della giovane Giovanna Amati che ha vinto una gara della Formula Ford. E ora che dici?”».
Che ha detto?
«Mi invento una serie di cazzate, spiego che stavo lì per caso. Papà ascolta, serissimo. Poi mi indica la porta: “Puoi andare”».
Nell’81 firma il primo contratto da professionista in Formula Abarth.
«Mio padre è morto l’anno prima, non ho resistenze in famiglia e ci provo con una determinazione che oggi non mi riconosco. A volte mi chiedo se ne è valsa la pena».
Vittorie in Abarth Under 23, poi in F.3 e in F.3000 con un sesto posto finale. E nel ’92 c’è la Formula 1.
«Sto per andare in America, mi vogliono nella Formula Indy. Ma a sorpresa si fa avanti la Brabham che mi offre un posto. E ne resto entusiasta, anche se c’è il problema di trovare uno sponsor».
Quanto serve?
«Cinquecento mila dollari, ma so che è l’unica occasione della vita e non me la voglio far sfuggire e non posso lasciarla sfuggire. Allora...».
Allora?
«Faccia di bronzo, mi rivolgo a un grande politico che era amico di papà. Unica volta nella mia vita che ho cercato una raccomandazione».
Raccontiamo.
«Mi dà appuntamento a un orario insolito, alle 6.30 di mattina. Poi, spiegherà, è per capire quanto una persona è determinata a incontrarlo. Mi presento e tremo di paura. Si rivede con piacere, gli racconto che nessuno mi dà retta perché sono donna e non trovo sponsor, che ho già chiesto alla Marlboro, ma hanno detto no perché sul marchio c’è un cow boy e non va bene per una ragazza. Mi blocca. “Pensa che conosco persone all’interno della Marlboro. Potrei parlargli e chissà, potrebbero cambiare idea... Ti farò sapere”. Dopo due giorni mi chiamano per incontrarmi».
Guarda caso... Impatto con il mondo della F.1?
«Un manicomio. Tutto diverso, un assalto da parte di giornalisti, tifosi, colleghi».
Parliamo un po’ dei piloti.
«Arrivo e nessuno mi saluta, clima freddo. Dopo le prime prove sono al paddock e vedo arrivare Senna. Il mio ingegnere mi fulmina con lo sguardo, “Cosa hai combinato?”, perché quando un pilota si muove a piedi lo fa per litigare. Fingo di non vedere Ayrton, penso che sia di passaggio e non voglio fare figuracce, invece si dirige proprio verso di me. Ormai è lì davanti, allora mi alzo in piedi. Sorride: “Ciao, come stai? Sono Ayrton”. E io: “Sì, lo so”. “Welcome, benvenuta”».
Grande signorilità.
«Persona splendida, animo molto sensibile: non era certo lui a temere una donna».
Il più rosicone?
«Formula 3000, Alesi è dietro e cerca di superarmi per 73 giri. Senza riuscirci. A fine gara scende dalla macchina, butta il casco in aria e urla: “Io dietro una donna! Mai più!”. E costringe i meccanici a cambiare il telaio dell’auto. Ora però, è sempre gentilissimo».
Giovanna, lei bella ragazza, bionda e affascinante, in un mondo maschile. Oltre a invidie e battutine avrà ricevuto qualche avances. Mai avuto fidanzati piloti?
«Mi stavo per sposare con Luis Perez-Sala, conosciuto in F.3 e poi anche lui in F.1 con la Minardi».
Perdoni la curiosità. I giornali di gossip, ai tempi, raccontavano di un presunto flirt con Niki Lauda.
«Una storia di due anni. Lo conosco nel ’92 a Monza e chiacchieriamo. Lo chiamano: “Niki, c’è Montezemolo al telefono”. “Digli di aspettare”. Dieci minuti più tardi. “Niki, c’è ancora Montezemolo che ti vuole”. Risposta: “Non vedi che sono impegnato?”. La terza volta mi guarda: “Mi sa che ora devo proprio andare, mi lasci il tuo numero?”. Qualche settimana dopo mi chiama e mi raggiunge a Roma. E ci innamoriamo».
Due anni insieme e poi?
«Lo lascio, perché mi vuole sposare ma non vuole avere figli».
Torniamo alla F.1. Lei partecipa ai Gp di Sudafrica, Messico e Brasile senza qualificarsi. Che ricordo ha?
«Un incubo! L’auto non va, non ci sono sviluppi tecnici e quando mi smontano il motore è per mettermi quello usato del mio compagno di squadra, che perde acqua e olio da tutte le parti».
Dopo di lei, più nessuna donna in F.1. Perché?
«È molto dura fisicamente. Sono gare lunghe con auto pesanti e senza servosterzo».
Amati, ultime domande veloci. 1) Il miglior pilota di sempre?
«Tra moto e auto scelgo Troy Bayliss. Incisivo nei sorpassi, furbo».
2) Schumi in moto e Valentino in auto. Possibile?
«Schumi è finito in ospedale, Valentino ha fatto tempi che gli hanno regalato, fermando il cronometro quando volevano. Mi auguro che non si scambino mai più le chiavi dei loro mezzi».
3) Il più simpatico della F.1?
«Piquet, molto divertente. E anche Pierluigi Martini».
4) Si guadagna molto al volante?
«I top 15 sì. Gli altri no».
5) Una persona della storia che le sarebbe piaciuto conoscere?
«Einstein».
Ultimissima. Ha un sogno?
«Vorrei provare una F.1 di adesso. Sicuramente è più maneggevole e più facile da guidare».
Che auto sceglierebbe?
«Beh, a questo punto la Brawn o la Toyota! Stavolta converrebbe il meglio...».
durante il sequestro la giovanna si innamorò del suo carceriere
era molto bella e ricca...
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